Gli unicorni? Crescono mangiando la ...pizza

Saturday, March 27 2021

Due ex studenti di Pisa “papà” di un’azienda oggi valutata un miliardo di dollari

PISA. Un primato che parla pisano. Che porta con sé il meglio che la città della Torre ha saputo esprimere negli anni in tema di ricerca e formazione guardando al futuro. Il fatto anomalo, semmai, è che sono davvero pochi i pisani (e non solo) a sapere che in questi giorni c’è di che festeggiare per un traguardo storico. A Santa Barbara in California ci sono due imprenditori legati a Pisa la cui società è diventata un “unicorno” cioè ha raggiunto il valore di un miliardo di dollari. E questo traguardo è chiamato unicorno proprio per la sua rarità.

Si chiamano Alessio Signorini, cognome tutt’altro che poco noto in città e legato a doppio filo alle glorie calcistiche nerazzurre (è il figlio del calciatore Gianluca Signorini, ndr) e Luca Foschini. Il primo cresciuto sotto la Torre, con una laurea in ingegneria: percorso di studi scelto dopo una breve ma talentuosa parentesi calcistica. Il secondo, originario di Lugo in provincia di Ravenna, e approdato a Pisa proprio per le sue eccellenze universitarie: ingegneria e la Scuola superiore Sant’Anna. Entrambi sono co-fondatori di Evidation Health (insieme a Chistine Lemke e Mikki Nasch): una società che opera nel settore delle tecnologie per la salute nata nel 2012 e in poco più di 8 anni riuscita a raggiungere un traguardo eccezionale.

Come ci si sente a diventare unicorni?

«È una grande soddisfazione – spiega Foschini – che non ci potevamo immaginare quando siamo partiti in 4 in una casa a Santa Barbara nel 2012. D’altro canto è solo l’inizio di quello che serve per poter cambiare un mercato come quello della salute che è pachidermico, frammentato e resistente al cambiamento». «Non sembra vero – aggiunge Signorini – È difficile da comprendere. Per chi come noi è nato negli anni Ottanta, sono quasi 2mila miliardi di vecchie lire. Una cifra assurda da Paperon dei Paperoni. Ed in effetti, non cambia niente. Questa mattina mi sono svegliato, ho aperto l’email, e continuato verso la nostra missione, cioè migliorare l’assistenza sanitaria, come avevo fatto il giorno prima. Ora però lo possiamo fare meglio, perché lo “status” aiuta ad aprire porte. Ora siamo una compagnia vera e rispettata».

Avete ottenuto un finanziamento di Serie E da 153 milioni di dollari: quali scelte in questi anni, sono state fondamentali per arrivare a questo risultato?

«Tre in particolare: la scelta, l’impegno e la partnership tra i co-founders; l’essere dedicati alla missione invece di puntare a fare soldi o diventare famosi; e l’essere basati a Santa Barbara – spiega Signorini –. Ciascuno dei 4 co-fondatori è stato fondamentale per raggiungere questo traguardo. Davvero, non penso potremmo essere qui sostituendo anche solo uno di noi. Quei primi due anni vissuti sotto lo stesso tetto, cucinando assieme, e vivendo alti e bassi, ci hanno permesso di instaurare rapporti ancora più’profondi di quelli che avevamo (Mikki e Christine avevano lavorato assieme in passato ed io e Luca ci conosciamo dai 14 anni) e seppur a tratti abbiamo avuto opinioni diverse, il “team” ne è sempre venuto fuori vincente. L’assistenza sanitaria non è un business facile, ci vogliono anni per stabilirsi, nessuno ti considera seriamente all’inizio, i partners sono esigenti, i ricavi inizialmente bassi, e così via. Negli ultimi 9 anni siamo stati tutti tentati dai vari Google, Facebook, ed altri grandi di Silicon Valley, ma nessuno ha mollato. La nostra missione non è creare un nuovo Instagram, avere il team più grande o diventare famosi. Noi vogliamo migliorare l’assistenza sanitaria. Per noi, per le nostre famiglie e per il resto del mondo. Luca ci ha fatto scoprire Santa Barbara 9 anni fa. Qui il sole splende quasi sempre, il cielo ha poche nuvole, e la temperatura è sempre da inizio estate. Questo ci ha permesso di lavorare tanto, tantissimo, senza farlo pesare troppo. Ed assumere era facile». «Da un punto di vista del business – aggiunge Foschini – è stato necessario coltivare il nostro sogno nel cassetto, cioè Achievement, una app usata da 4 milioni di americani per gestire salute e benessere, in parallelo con le attività che generano entrate e cioè implementare studi di compagnie farmaceutiche usando sensori e altri componenti tecnologici. Ora finalmente possiamo tornare a concentrarci su Achievement come un sistema di care delivery. A volte devi temporeggiare e fare quello che devi prima di potere fare quello che vuoi. Un’altra arma segreta della nostra compagnia è la cultura aziendale: la nostra leadership è per più del 50% composta da donne, il che ci ha permesso di attrarre molto talento tecnico che altrimenti non si sarebbe sentito a proprio agio. Infine, trovarci a Santa Barbara, che è un paradiso terrestre ma nel 2012 non era certo uno startup hotbed (un focolaio di startup, ndr) si è rivelata la scelta giusta nel tempo, almeno prima all’inizio della pandemia, quando molto talento tecnico che si è iniziato a stancare della vita frenetica di San Francisco ha deciso di spostarsi a Sud».

Un risultato del genere sarebbe stato possibile per un’azienda con base in Italia?

«In Italia sarebbe stato difficile – spiega Foschini –, un round di 153 milioni è abbastanza comune in Silicon Valley ma sarebbe il più alto di sempre in Italia (se non contiamo il debt financing di Casavo di qualche giorno fa: congratulazioni! ). Negli ultimi anni ho lavorato come advisor e investor di aziende health-tech europee, di cui una la pisanissima SleepActa (che si occupa di diagnosi di disturbi del sonno da casa, spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna). In aggiunta alla bassa disponibilità di capitale, quello che mi ha stupito è un’attitudine al rischio completamente diversa dagli Usa. In generale ho visto molta attenzione da parte degli investori a valutare compagnie basandosi principalmente sul fatturato corrente anziché sull’opportunità futura. Questo ovviamente crea molto svantaggio in un business come l’assistenza sanitaria in cui ci vuole molto investimento a fronte prima di potere vedere ritorni. È una mentalità che premia di più le scommesse di corto periodo rispetto ai “big bet” della prossima decade, che, sperabilmente, è in via di miglioramento». «Oggi forse, nel 2012 decisamente no – aggiunge Signorini –. L’approccio e la prospettiva verso le tech startup in Europa/Italia è cambiato negli ultimi anni. Tutti hanno visto il film di Facebook e sanno cosa è una startup ma nel 2012 probabilmente ci consideravano disoccupati. Oggi ci sono accelleratori di startup anche in Italia, angel investors, e fondi dall’Unione Europea. Ma l’assistenza sanitaria è difficile. Molto difficile. Soprattutto in Italia dove la sanità è pubblica e ancora molto basata su carta».

Cosa c’è di “italiano” e di “pisano” in questo successo?

«Di italiano la capacità di essere “sgamati” – osserva Foschini – In Silicon Valley è tutto molto polarizzato. Sapere che non è tutto oro quel che luccica e allo stesso modo non tutto il male vien per nuocere sono attitudini italiche che secondo me ci hanno permesso di navigare i picchi e le valli della compagnia senza dare di matto. Da Pisa in particolare io ho avuto la mia preparazione accademica come alunno della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa. Devo tantissimo ai molti mentori che ho incontrato qui e che ancora mi danno consigli e mi supportano ancora oggi». «Pazienza, attitudine e educazione italiana ci hanno decisamente aiutato – concorda Signorini – Non ci siamo mai fatti coinvolgere dalla hype (aspettativa, ndr), non ci siamo mai disperati troppo quando qualcosa è andato storto, e sappiamo benissimo che anche quando le cose vanno bene potrebbero cambiare domani. E poi la pizza. Tante decisioni importanti sulla compagnia io e Luca le abbiamo prese durante la nostra cena settimanale del giovedì a base di pizza, tradizione che abbiamo mantenuto per anni».

Come avete festeggiato?

«Ho comprato una maschera da unicorno da 10 dollari su Amazon per fare il bischero sugli zoom party e ho fatto un viaggio in Alaska centrale con mia moglie (siamo entrambi vaccinati per Covid, e la maggior parte della popolazione in Alaska lo è). Mi piace la natura remota e incontaminata» spiega Foschini. «Farò anche io un qualche viaggio (in Italia per prima cosa) quando la situazione Covid tenderà verso il meglio – conclude Signorini –. Per ora ho celebrato con una buona pizza, un bel gelato, e qualche ora in spiaggia nel weekend, cosa che non facevo da tempo! ».